Come diventare un fotografo professionista | COLLE Photography
Come diventare un fotografo professionista

Come diventare un fotografo professionista

Per molto tempo ho pensato di scrivere questo articolo, ma ho sempre pensato che era troppo presto per parlarne, ho sempre pensato che in fondo non ero nessuno per parlare di traguardi raggiunti e della strada che si fa per attraversarli. Ma in questi giorni sto incontrando alcuni giovani di talento che vogliono collaborare con il nostro studio e tutti mi hanno chiesto come si fa ad arrivare ad avere un’indipendenza economica con la fotografia. Come si fa a diventare fotografo.

 

Chi conosce la mia storia personale sa che non sono nato fotografo, né ho ereditato lo studio da mio padre, ma ho fatto un lungo viaggio per arrivare a quella che oggi è la mia professione e forse la mia vita. La fotografia è entrata presto nella mia vita, la studio da sempre: ci sono papà che educano i figli a capire cosa sia un fuorigioco, il mio mi portava alle mostre di Helmut Newton, David Hamilton, Franco Fontana e un giorno mi presentò un signore che di nome faceva Fulvio Roiter. La fotografia è un linguaggio e se mia madre da brava maestra mi correggeva i congiuntivi, mio padre mi suggeriva la corretta grammatica di un’immagine. Come per un ragazzo che sogna di giocare a pallone, anch’io sognavo di fare il fotografo, ma su questo la mia famiglia non era d’accordo e scoraggiò il mio desiderio, invitandomi a convogliare le mie energie su altre attività come lo studio. Per molti anni ho giocato con le macchine fotografiche, qualche volta ho affiancato dei matrimonialisti che necessitavano un assistente e ho guadagnato i primi soldi quasi 20 anni fa scattando con la mia Nikon F3. Ma all’epoca non ho mai pensato seriamente di fare il fotografo, ero uno studente di economia e vedevo la mia vita fatta di numeri e caselle precise in cui catalogarli.

Ma la fotografia era lì, ogni tanto come una musa appariva e mi lasciava qualcosa, una vibrazione, un segnale come se avesse sempre saputo che sarei tornato da lei. Frequentavo saltuariamente qualche corso e parlavo con artisti che pubblicavano su molte riviste, ma era solo una passione, una cosa che ammiravo. Finiti gli studi universitari ho cominciato a lavorare e il poco tempo libero era destinato a viaggi in cui spesso non portavo la macchina fotografica. Ho ancora il rimpianto di non aver fotografato molte cose, ma magari in futuro tornerò in quei posti per immortalarli. La mia mente in questo periodo ha avuto la fortuna di formarsi in un ambito aziendale, di imparare molto dallo spirito di un imprenditore che stimo profondamente e con cui ho avuto l’onore di collaborare in anni che hanno acceso la mia voglia di capirmi e di capire cosa volevo davvero. Nell’azienda dov’ero ho avuto modo di vedere come gestire un’azienda e dall’altra come prendere coscienza di se stessi, delle proprie aspirazioni e delle proprie idee.

In quell’ormai lontano 2008 ebbi l’idea di affiancare al mio lavoro di Marketing in azienda, anche una serie di corsi di fotografia e di piccoli servizi fotografici. Per farlo, decisi fin da subito di seguire la strada della legalità e di aprire una partita iva con relativa posizione INPS. E’ una scelta che fanno in molti, quanti dipendenti (privati ai pubblici è quasi vietato) hanno una partita iva per svolgere altre attività? In quegli anni un regime fiscale particolarmente favorevole incentivava di fatto questa pratica.

Ho cominciato a mandare i miei lavori in giro, ma più per capire se le mie fotografie potevano avere qualche merito che per trarne del profitto. Ecco quello che è successo in quegli anni ha avuto dell’incredibile almeno per me. Ho visto le mie fotografie pubblicate su riviste, le ho viste finire su copertine importanti, una addirittura è stata acquistata da National Geographic. Ero un fotoamatore che si era tolto molte soddisfazioni. Potevo restare quello, potevo restare nel mio posto fisso, con le domeniche e i sabati liberi, potevo scattare senza responsabilità di fare un buon servizio, potevo restare nella mia zona di comfort. Potevo, ma dentro di me una voce mi diceva che quello che avevo non era ciò che volevo. Mi diceva che la mia laurea e i miei due master alle pareti non mi avevano portato nel luogo in cui volevo stare. Mi ronzavano in testa le parole di Andreas Bitesnich: “fare il fotografo professionista non è impossibile, è come un parcheggio in centro, è difficile trovarlo ma qualcuno lo trova”.

E’ incredibile, le lessi per la prima volta a vent’anni su una rivista francese, mi hanno tormentato per sedici anni, poi quando mi sono trovato Andreas davanti, sul palco, entrambi oratori di Orvieto Fotografia non ho nemmeno avuto il coraggio di dirgli quanto gli dovevo. Potevo rimanere un fotoamatore di un certo successo, potevo restare uno che scattava qualche foto ai matrimoni e teneva corsi per amatori, ma dentro di me avevo già deciso che tutto questo non mi bastava.

Come un personaggio di Pirandello stavo solo aspettando il fischio del treno per sconvolgere tutto. E il fischio arrivò, aveva due occhi meravigliosi e una testa di capelli ricci, forse avrete capito che si trattava di mia moglie Serena. Quando ci siamo conosciuti circa quattro anni fa eravamo due persone a un passo dal mettere tutto in discussione. Lei stava decidendosi a lasciare lo studio fotografico dove lavorava e io ero in attesa di trovare il coraggio di mollare il mio posto fisso e dedicarmi totalmente alla fotografia. Credo che il momento in cui ho deciso il mio futuro sia stato quella sera in cui a Milano abbiamo camminato tutta la sera chiacchierando del nostro futuro. Credo che le sue parole e l’apprezzamento che lei ha mostrato per molti dei miei lavori che le avevo mostrato siano stati la molla per accettare quella decisione che era già matura dentro di me. Forse ho solo dovuto accettare che non ero ciò volevo davvero essere.

Presi un foglio e scrissi la mia lettera di dimissioni, sapendo che lasciavo tutte le sicurezze e mi rivolgevo verso l’ignoto. Vero che in quella stagione avevo già capitalizzato un numero di matrimoni che mi permetteva di essere tranquillo per tutta l’annata, ma molte sere mi sono svegliato ponendomi domande sul futuro.

Non è facile passare dalla certezza di uno stipendio a fine mese all’incertezza di una partita iva. Ho accettato una scommessa, non facile, non ancora vinta, ma che ogni giorno mi porta a dovermi confrontare con mille nuove sfide. Non sono il tipo che si tira indietro e da quel momento ogni giorno ho lavorato per migliorare ogni aspetto di ciò che faccio. Non saprei nemmeno dire quante cose sono cambiate in me e di conseguenza nel mio modo di fotografare da quando firmai le mie dimissioni. E’ stata un’onda che mi ha travolto, ho dedicato i miei ultimi 4 anni alla mia ricerca fotografica, ho iniziato ad ascoltarmi, a giudicarmi, a mettermi in profonda discussione. Se guardo indietro le foto di quegli anni non mi appartengono più. Certo alcune sono ancora utilizzate e continuano a essere vendute, ma magari oggi non le scatterei più in quel modo.

Se un fotografo comincia ad ascoltare se stesso, quel viaggio lo porterà molto lontano. Spesso proporrà cose che non verranno capite, o spesso penserà di aver fatto uno scatto grandioso, ma a distanza di tempo capirà che quello scatto non era così buono. Ma in fondo, il vero viaggio è quello di usare la fotografia per guardare se stessi per trovare quel po’ di noi che mettiamo in ogni scatto e capire se – e ribadisco, se – è intellegibile per il prossimo. Quindi, cari giovani colleghi che mi chiedete come si fa a diventare professionisti, la risposta non è comprare questa o quella macchina, ma la vera risposta e chiedervi quanto siete pronti ad essere messi in discussione, quanto siete pronti ad accettare che la persona che vede il vostro lavoro sia pronta a giudicarlo con il suo punto di vista, magari così diverso dal vostro.

Se siete pronti a fare tutto questo, a rinunciare al vostro ego e a capire come meglio affinare la comunicazione all’interno delle vostre immagini, siete pronti a diventare dei professionisti. Ma quello che posso promettervi non è gloria o denaro, ma la straordinaria esperienza di riuscire a guardarvi da fuori tramite gli occhi di tutti coloro che incontrerete. Un viaggio davvero emozionante.